martedì 15 aprile 2014

Clavicembalo fiammingo 25 - la tavola armonica - 3

Come dicevo, l'assottigliamento della tavola armonica è un momento importante. Molto diffusa è la mistica sulla tavola armonica, e poiché si tratta di mistica non ne do conto qua: taglio dell'albero di abete durante la luna piena, scelta della pianta colpendola con un bastone e ascoltando le celestiali risonanze...
In realtà quel che si può dire di certo (e di "scientifico") si riassume così:
1. legno di abete. Esistono cembali storici con tavola armonica in legno di acero, altri in legno di pino, diffusi sono gli italiani con le tavole armoniche in cipresso. Ma il legno di comune uso è l'abete, come d'altronde accade per le tavole armoniche dei violini e degli altri strumenti ad arco. In particolare, è il legno usato da Ruckers. E che sia abete europeo, o al massimo di Port Orford: l'abete di Sitka è molto usato per le tavole armoniche perché cresce in abbondanza e costa poco, ma diminuisce la qualità del suono che potenzialmente lo strumento può produrre. Un'altra mistica vuole che il suono dello strumento stia tutto nella tavola armonica, ma anche questo non è vero, solo che è un argomento troppo lungo per essere discusso in questo post.

2. che sia tagliato al quarto. Il legno tagliato al quarto è più stabile, quindi ha meno probabilità di muoversi, di spaccarsi, di deformarsi. La stabilità della tavola armonica poi ha effetto sulla stabilità di accordatura. Anche in questo caso, la stabilità di accordatura dipende da tante altre cose, ma la tavola armonica è una di esse.

Si potrebbe aggiungere che è necessaria una venatura stretta, ma su questo non sono mai riuscito a trovare conferma. Al contrario, molti strumenti antichi hanno tavola armonica con venature piuttosto larghe, o anche molto larghe. Comunque, 12-15 venature ogni pollice (2,54 cm) sono considerate buone; si arriva anche fino a 20.

Ma torno all'assottigliamento. La tavola armonica non ha spessore costante: a seconda delle scuole nazionali ci sono zone in cui lo spessore è maggiore e zone in cui è minore. Lo schema di assottigliamento dei Ruckers, assolutamente costante in tutti i clavicembali storici di quella famiglia di costruttori, prevede un'area circa a venti centimetri dalla fascia dorsale e a 40-45 cm dalla punta di coda, della forma approssimativa di un fagiolo lungo 20 cm e largo 6-7. In quest'area lo spessore è massimo, da 4 a 4,5 mm. Da qui degrada fino agli orli della tavola, da 1,8 a 2 mm nei punti più sottili (estremità di coda e estremità degli acuti), ma si ferma a circa 3 mm sugli orli della curva e del dorso all'altezza del "fagiolo". Da questi punti anche l'orlo si assottiglia man mano che ci si allontana, fino ad arrivare agli 1,8 - 2 mm che si dicevano prima.

Naturalmente non è possibile, lavorando il legno, una precisione dell'ordine del mezzo millimetro o addirittura del decimo di millimetro. Da questo punto di vista la precisione con cui nei disegni dei cembali storici sono segnati gli spessori è eccessiva e tra l'altro non tiene conto del fatto che con i secoli il legno si è certamente contratto. In ogni caso il disegno è solo il punto di partenza, che dà lo schema generale di assottigliamento. Poiché ogni pezzo di legno è diverso da un altro, infatti, rispettare fino alle tolleranze del mezzo millimetro il rilievo di uno strumento storico può non restituire una tavola perfettamente assottigliata. Il legno che abbiamo a disposizione sarà infatti leggermente più rigido, o più flessibile, o avrà venature leggermente più larghe, o più strette, di quello di un particolare strumento storico. Ne consegue che, una volta approssimato lo spessore allo schema generale ("fagiolo" al massimo spessore, poi assottigliamenti nelle varie direzioni di maggiore o minore entità), bisognerà valutare "ad orecchio" se la tavola già presenta le caratteristiche di sonorità e flessibilità che vogliamo. E' un'operazione condotta sostanzialmente sulla base dell'esperienza, ed è chiaro che in questo campo un costruttore che abbia costruito decine di strumenti in molti anni avrà un vantaggio innegabile rispetto a noi. Qualcosa si può dire comunque.
La tavola armonica si comporterà, una volta dentro lo strumento, come una pelle di tamburo, quindi è necessario valutare la flessibilità generale, appoggiando ad esempio la tavola armonica sul tavolo ma lasciandone sporgere una metà e valutando quanta parte di questa metà si curva verso il basso sotto la forza di gravità e di quanto. Oppure la si appoggia sul tavolo, si mette una mano sotto, dal lato prima dei bassi e poi degli acuti, si alza la mano mentre con l'altra mano si tiene schiacciata la restante parte sul tavolo: la tavola si curva verso l'alto e improvvisamente si toglie la mano che sostiene la parte sollevata dal tavolo. Essa sbatte sul tavolo: con che velocità? producendo un suono acuto o grave? netto o sfumato? In particolare negli acuti, le corde hanno massa molto piccola: sono non solo molto più sottili ma anche molto più corte e quindi hanno un'ampiezza di vibrazione molto piccola. Se vogliamo che gli acuti suonino, la tavola armonica di quell'angolo deve essere davvero ben flessibile.
Si può poi percuotere la tavola, tenuta penzolante, in vari punti, ascoltando il suono prodotto. Tale suono è tanto più acuto quanto più rigida è la tavola: se è troppo acuto (dato di esperienza) bisogna assottigliare in quel punto e nelle vicinanze.

Come vedete è impossibile descrivere il processo con abbastanza precisione da mettere tutti nella condizione di assottigliare una tavola armonica. In questo senso (e solo in questo) è l'unico vero "segreto di bottega" dei costruttori di clavicembali.

La foto seguente mostra la tavola segnata ma non ancora assottigliata. Dopo aver scattato questa foto ho assottigliato (non l'ho scritto ma è ovvio che si usano le pialle) la tavola. Era tardi e ho avuto poco tempo per fare le prove sopra descritte per valutarne la flessibilità. Valuterò meglio, ma la prima sensazione è stata che c'è ancora da lavorare: i punti di massimo e quelli di minimo spessore non sono sempre uniti da un assottigliamento ben graduale, e infatti la tavola è ancora un po' rigida e il suono prodotto ancora un po' troppo acuto.
D'altra parte non si deve eccedere nell'assottigliamento. Una tavola troppo rigida oppone resistenza alla trasmissione del suono, che così risulterà ridotto di volume e senza profondità. Man mano che si rende la tavola più flessibile, il suono inizierà a "liberarsi", a crescere di volume, a diventare più interessante e di maggior durata. Oltrepassato un certo limite, la qualità del suono torna indietro: più si continua ad assottigliare più mancherà massa per alimentare il suono che quindi inizia a diminuire di volume e qualità. All'estremo opposto, con una tavola troppo assottigliata, ad esempio attorno ai 2 mm di media, si ha il cosiddetto effetto-banjo: la tavola ha massa troppo ridotta, quindi assorbe e trasmette la vibrazione della corda attraverso il ponticello in un'unica soluzione e lo traduce subito in suono: l'energia si perde subito e il suono si manifesta con gran forza al momento del pizzico per poi scendere sotto il livello di udibilità in brevissimo tempo.
Per evitare questo rischio preferisco procedere lentamente.



La tavola con segni a matita che rappresentano le linee di spessore, come le isoipse di una cartina geologica. Si pialla tenendo conto delle linee che aiuteranno a rispettare le variazioni di spessore.


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